Dizionario del Cristianesimo

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Il termine celebrazione deriva dal latino celebrare; l’aggettivo celeber ha senso frequentativo e indica il luogo del raduno; il sostantivo celebratio (celebritas) e il verbo celebrare esprimono l’azione del riunirsi insieme; etimologicamente, più che indicare l’idea di solennità-festa, richiama la dimensione comunitaria (luogo, momento, azione sacra). L’inclusione del concetto frequentare evoca anche quello di rito, come azione collettiva, ripetitiva e festiva, con connotazioni cultuali.
Possiamo definire la celebrazione il momento interpretativo del rito come “liturgia  in atto” o anche come “fede  in atto”, se si tiene conto che la fede è un atteggiamento che si attualizza anche in forma simbolica. La celebrazione non si caratterizza perciò come una semplice azione collettiva o di pura comunicazione di gesti e di segni. La fede senza la sua espressione, che la realizza in modo concreto, non esiste: ciò vale anche sotto il profilo liturgico. Non si tratta di un atto estrinseco o di un “dovere” esterno e legale, ma di un gesto che implica sentimento e vita, dando intensità e compimento a un fatto di ordine spirituale. La liturgia evoca simbolicamente, cioè è il momento rituale della vita di qualsiasi credente, tanto nella dimensione comunitaria quanto in quella personale. Azioni, parole, cose della celebrazione hanno il potere di superare la riduttività della semplice concettualizzazione, per un’espressione plenaria della persona e del suo agire, in vista della comunicazione sia a livello orizzontale (interazione con l’assemblea dei “celebranti”) sia verticale (dialogo con Dio ). La celebrazione si svolge normalmente come “una variazione su di un tema d’obbligo”: fa parte dell’agire collettivo il rifarsi a un canovaccio fisso, a moduli ripetitivi, in cui la comunità possa ritrovarsi e riconoscersi, ma adattando e creando, all’interno dello schema, tutti gli elementi necessari per non cadere nella sclerosi dell’immobilismo, del ritualismo o formalismo, perché i simboli non si logorino al punto da svuotarsi di significato, fino a diventare manipolazione del religioso e del sacro.
Per la Chiesa antica, e ancora oggi per l’Oriente cristiano, la liturgia, nella tradizione, è la prima norma interpretativa della fede.