Dizionario del Cristianesimo

A B C D E F G I L M N O P Q R S T V

Introduzione

Sotto il termine controriforme (al plurale) s’intendeva in origine la ricattolicizzazione forzata dei territori passati al protestantesimo . Dato che gli storici non cattolici tendevano a usare la parola controriforma in accezione negativa, considerandola come una semplice reazione esteriore della Chiesa  cattolica di fronte al protestantesimo, Ludwig von Pastor (1854-1928) e altri storici cattolici, riprendendo un termine introdotto dal protestante Wilhelm Maurenbrecher (1838-92) nel 1880, sostituirono questo concetto con quello di Restaurazione cattolica o Riforma cattolica, che permetteva di sottolineare la rivitalizzazione dell’ideale cattolico mediante il rinnovamento interiore, dalla fine del XV a tutto il XVII secolo. Nel secondo dopoguerra il concetto di Riforma cattolica ha avuto grande fortuna grazie all’opera dello storico Hubert Jedin (1900-80), il quale, mettendo in luce gli aspetti del riformismo cattolico pre e post-tridentino, ha segnato l’indirizzo della successiva storiografia cattolica sull’epoca post-tridentina, in particolare gli studi sui vescovi riformatori. Tale concetto, tuttavia, ha sollevato obiezioni e non è stato unanimemente accolto dalla storiografia come sostitutivo del termine controriforma, in quanto tende a sottovalutare gli aspetti repressivi dell’azione della Chiesa e il consenso forzato imposto alla società. Attualmente, per delineare gli aspetti socio-istituzionali della storia religiosa dell’età moderna sono usati, pur non senza dibattiti e diverse posizioni, i concetti di confessionalizzazione e di disciplinamento, che pongono l’accento il primo sulla compenetrazione di Stato e Chiesa, il secondo sull’interiorizzazione di modelli di vita e di comportamento individuale, e tematizzano quindi l’ampio controllo sociale messo in atto da Stato e Chiesa sia nei Paesi cattolici sia in quelli protestanti. Per quanto riguarda la storia religiosa italiana del primo Cinquecento, infine, la varietà e la fecondità delle molteplici esperienze spirituali – dagli Oratori del Divino Amore, alla diffusione delle opere di Lutero e di Erasmo presso i diversi ceti sociali delle città, alla fondazione di nuovi Ordini religiosi – hanno portato gli storici a parlare di una complessa e variegata crisi religiosa del Cinquecento, la cui vitalità si esaurì a partire dagli anni Quaranta del secolo con l’inasprirsi degli interventi repressivi del potere ecclesiastico e laico. Già prima di Lutero era stata più volte espressa l’esigenza di una riforma, come allora si diceva, in capite et membris, ma non avevano avuto successo in tal senso i Concili  di Costanza (1414-18) e di Basilea-Firenze (1431-39), né il V Concilio Lateranense del 1515. La crisi religiosa, diventando politica, fece perdere a Roma vaste regioni – la Germania, la Scandinavia, l’Inghilterra, parte dei Paesi Bassi e della Francia –, e rese urgenti energici provvedimenti.

Il Concilio di Trento

La reazione al protestantesimo ebbe il suo fulcro nel Concilio di Trento, da cui la Chiesa cattolica attinse norme e autorità. Quando la Riforma  aveva cominciato a diffondersi in Germania (1517-20), molti avevano sperato che l’opera di un concilio sarebbe valsa ad arrestarla e Carlo V non aveva mancato d’invocarne ripetutamente la convocazione. Tuttavia, Clemente VII e Paolo III non erano inclini a convocarlo, in quanto ritenevano Carlo V condizionato da motivi economici e politici e temevano inoltre il riaffacciarsi di posizioni conciliaristiche volte a sancire la supremazia del concilio sul papa . Dopo molte dilazioni, Paolo III Farnese convocò per il 1537 un concilio a Mantova, che non poté aver luogo, ma per il quale fu costituita una commissione di nove prelati che stabilì il piano di riforme da discutere (Consilium de emendanda Ecclesia). Il concilio, rinviato nel 1537 a tempo indeterminato, fu convocato per il 1543 e si aprì nel 1545 a Trento, ove rimase fino al 1547; sospeso, fu riconvocato a Bologna e, dopo una nuova parentesi, si riaprì a Trento (1551-52); sospeso per la terza volta, fu riconvocato a Trento, ove poté condurre a termine i lavori (1562-63). I Padri del concilio trattarono la questione dogmatica e la riforma della disciplina ecclesiastica. Si trattava di definire la materia di fede , sconfessata dall’eresia  protestante. Fin dal 1546 fu proclamata contro i dissidenti la piena validità della Tradizione  ecclesiastica quale fondamento della fede al pari della Sacra Scrittura (fu adottata definitivamente la Vulgata latina che risaliva sostanzialmente a san Girolamo): in tal modo i dogmi , le decisioni conciliari, la gerarchia ecclesiastica erano sottratti a ogni discussione e fissati come capisaldi del cattolicesimo, nulla innovando delle definizioni del Concilio di Nicea (325), ma solo precisando i punti incerti. Di conseguenza erano mantenuti il culto della Vergine, dei santi, delle reliquie, le indulgenze, le preghiere  per le anime  del Purgatorio ecc. Contro la luterana giustificazione per fede, fu riaffermata la giustificazione per mezzo della Grazia , mai disgiunta dalle opere, che rimette i peccati  e rende l’uomo capace di dirigere la propria attività al conseguimento della salvezza. La dottrina dei sette sacramenti  fu stabilita affermando l’istituzione dei sacramenti stessi da parte di Gesù Cristo , il loro carattere oggettivo e l’efficacia ex opere operato, ossia per intrinseca virtù propria. Alla riforma disciplinare della Chiesa furono dedicate le ultime sessioni conciliari. Fu vietato il cumulo dei benefici e delle prebende; fu imposto ai vescovi l’obbligo della residenza nella diocesi, ai parroci nella parrocchia; fu prescritta la spiegazione del Vangelo  ai fedeli da parte dei sacerdoti almeno la domenica; fu deliberato di istituire scuole di dottrina cristiana in ogni parrocchia. Non si poteva diventare vescovo prima dei trent’anni, sacerdote prima dei venticinque, e i giovani avviati al sacerdozio dovevano approfondire la loro cultura nei seminari istituiti nelle diocesi; il clero  diocesano era posto alla stretta dipendenza dei vescovi (visite pastorali annue a tutti gli istituti ecclesiastici e di beneficenza). Fu più rigidamente confermato il celibato ecclesiastico e gli Ordini religiosi vennero richiamati a una più stretta osservanza delle regole.

Il papato e il Concilio. L’istituzione del papato trasse dal Concilio vantaggio e rafforzamento. Dei prelati che rappresentarono l’Italia, la Spagna, la Francia e la Germania, gli italiani superavano in numero tutti gli altri, e poiché fu deciso che le votazioni si sarebbero fatte per testa (e non per nazione, com’era avvenuto al Concilio di Costanza), l’episcopato italiano fedele a Roma sostenne i princìpi graditi al papato. La deliberazione che attribuì al pontefice, riconosciuto definitivamente capo supremo della Chiesa cattolica, vicario di Cristo  e successore di san Pietro, il potere esclusivo di interpretare la Sacra Scrittura, la tradizione e i decreti conciliari, cioè di regolare la fede e la disciplina della Chiesa, significò il riconoscimento pieno della superiorità del papato sul concilio. Pio IV nel 1564 affermò tale superiorità promulgando i decreti del Tridentino, curandone l’applicazione, imponendo a tutti gli ecclesiastici un giuramento di obbedienza al pontefice romano e l’osservanza di una formula di fede: la Professio fidei tridentinae.

Gli strumenti della Controriforma

Importanti e sicuri strumenti della Controriforma furono l’Inquisizione e l’Indice dei libri proibiti. L’antica inquisizione domenicana fu rinnovata da Paolo III, il quale nel 1542 istituì in Roma il supremo Tribunale del Santo Uffizio (Inquisizione), con poteri vastissimi, inappellabile e diretto da un consiglio di sei cardinali. All’Inquisizione era collegato il controllo sulla divulgazione delle dottrine contenute nei testi a stampa, che si svolgeva sia in modo preventivo, mediante l’imprimatur, sia in modo repressivo, con la condanna dei libri. Al Concilio di Trento (1546) fu resa più precisa la disposizione di Leone X (4-5-1515) per la quale i libri potevano essere stampati solo dopo avere ottenuto il visto ecclesiastico. Nel 1557 per ordine di Paolo IV fu compilato un Indice dei libri proibiti (simili indici non ufficiali erano già stati pubblicati dal 1546 in poi), approvato nel 1564, che conteneva l’elenco delle opere vietate. Nel 1571 Pio V istituì la Sacra congregazione dell’Indice, a cui fu affidato il compito di tenere aggiornato questo elenco. Particolarmente violenta fu la repressione della speculazione filosofica e della ricerca scientifica ritenute eterodosse: dopo il 1590 si ebbero la proibizione delle opere di Telesio, il primo processo di Campanella (1592), il rogo di Giordano Bruno (1600) e il processo a Galilei (1632-33). Strumenti di propaganda della Chiesa cattolica furono in modo particolare l’educazione e le missioni . Le campagne furono teatro di una vera e propria opera di cattolicizzazione, attraverso la predicazione e le missioni che riplasmarono la cultura popolare, mentre l’immaginario barocco, con la grandiosità dell’architettura e la ricchezza delle decorazioni, mirava a suscitare vive impressioni nei fedeli, alimentandone lo spirito di devozione. Fu diffuso il Catechismo Romano, manuale per il clero incaricato dell’istruzione popolare, sul quale si basarono i piccoli catechismi per il popolo. L’attività missionaria nei Paesi extra-europei ebbe importanti sviluppi grazie agli Ordini religiosi, in particolare ai Gesuiti. Gregorio XV organizzò poi in un unico sistema le varie iniziative, poste sotto la direzione della congregazione centrale De propaganda Fide (1622).

La nuova cultura

Il Concilio suscitò una rinascita di studi teologici e storici diretti a difendere l’insegnamento cattolico e a dimostrare il carattere divino della tradizione ecclesiastica. La teologia si preoccupò di tutelare la libertà umana e il valore reale delle opere, pur mantenendo la dottrina tradizionale della necessità della grazia. Fra i teologi si segnalarono i Gesuiti Suárez, Petau, Valencia e l’italiano Bellarmino, che in modo particolare sostenne la polemica contro i protestanti, e i Domenicani Báñez, Cano, Soto. Nel campo storico, il cardinale Baronio ricostruì la storia della Chiesa nei suoi monumentali Annali Ecclesiastici.

Gli ordini religiosi

Il programma dei nuovi Ordini religiosi controriformistici non fu tanto di solitudine e preghiera, ma d’intervento in diversi ambiti della vita sociale: l’insegnamento, l’assistenza, la cura degli ammalati. Caratteristica della Controriforma è, infatti, il prevalere degli Ordini attivi rispetto a quelli contemplativi. Alcuni antichi Ordini vennero riformati: così i Camaldolesi (1522) e i Francescani, da cui si diramarono i Cappuccini (1525). Con il programma dell’educazione e dell’istruzione dei giovani sorsero i Teatini (1524), i Barnabiti (1530-33), i Somaschi (approvati nel 1540), i Filippini (1565-75), gli Scolopi (1597-1602). Si proponevano opere di carità e di assistenza i Fatebenefratelli ospedalieri di san Giovanni di Dio (1540) e le Suore di carità istituite da san Vincenzo de Paoli (1633). Tra i nuovi Ordini religiosi emersero presto i Gesuiti, fondati da sant’Ignazio di Loyola (1534, approvati nel 1540), congregazione di sacerdoti organizzati e militarmente disciplinati per la difesa dell’ortodossia. 

La Controriforma politica

Dal punto di vista politico, la Controriforma coincise con la storia delle guerre di religione nell’Europa occidentale. La Germania fu teatro di guerre religiose per oltre un secolo, dalla formazione della lega smalcaldica fra i prìncipi luterani (1531), fino alla conclusione della pace di Vestfalia (1648). La restaurazione cattolica si compì in Polonia durante il regno di Stefano Báthory (1575-86), con l’appoggio del sovrano e l’assidua opera dei Gesuiti. In Francia al principio del regno di Enrico II (1547-59) si diffuse ampiamente il calvinismo, i cui seguaci si dissero ugonotti. Le tensioni religiose sommate a quelle politiche fecero sì che la Francia fosse dilaniata dal 1562 al 1593 da otto guerre di religione. L’ascesa al trono di Enrico IV di Borbone, che abiurò la fede calvinista (1593), permise la conciliazione all’interno, consolidata dalla tolleranza concessa ai protestanti con l’editto di Nantes (1598). La politica europea di Filippo II, campione della Controriforma sul piano internazionale, fallì sia in Francia, dove l’intervento nelle guerre civili-religiose non gli fruttò i vantaggi sperati, sia in Inghilterra, dove andò incontro alla rovina dell’Invincibile Armada , sia nei Paesi Bassi, dove si costituì l’Olanda indipendente.