Dizionario del Cristianesimo

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Definizione

Dal latito converto, piego, volto.

Filosofia

In logica conversione è l’operazione mediante la quale da un enunciato se ne ricava un altro per trasposizione delle posizioni rispettive dei termini di una proposizione (soggetto e predicato). Se il soggetto e il predicato hanno la medesima estensione, la conversione è semplice e avviene secondo la formula: qualche A è B; qualche B è A. Tale è anche il caso della proposizione universale negativa nella quale nessun A è B “diventa” nessun B è A. Più difficile è convertire una proposizione affermativa universale poiché l’estensione del predicato è maggiore di quella del soggetto. In questo caso la formula è: tutti gli A sono B; alcuni B sono A; oppure, per contrapposizione, tutti gli A sono B; tutti i non B sono i non A. In retorica la conversione è la figura per la quale l’argomento dell’avversario si ritorce a suo danno.

Religione cattolica

Nel linguaggio teologico il termine conversione si usa a indicare il passaggio dallo stato di peccato  (aversio a Deo) allo stato di grazia  (conversio ad Deum). Più propriamente, per conversione s’intende il raggiungimento o la riconquista della fede ; secondo la dottrina cattolica si può quindi parlare di conversione allorché cristiani dissidenti o atei o individui che professino altre religioni si rivolgano a quella che la Chiesa considera l’unica vera fede. Il Concilio  di Trento (1545-63) ha particolarmente messo in risalto il fatto che la conversione è sempre fenomeno di ordine soprannaturale. Oggi s’insiste sulla conversione come atteggiamento costante e non solo della singola persona, ma anche delle istituzioni, in particolare della comunità cristiana che è chiamata a un’integra fedeltà a Dio  e quindi a un’attitudine di conversione che può richiamare l’appello dei riformati all’Ecclesia semper reformanda.

Psicoanalisi

Il termine conversione compare per la prima volta nell’opera di Sigmund Freud in Le neuropsicosi da difesa (1894). Qui, differenziando l’isteria dalle fobie e dai sintomi ossessivi, Freud scrive: “La rappresentazione incompatibile è resa inoffensiva dal fatto che la sua somma di eccitamento viene trasformata in qualcosa di somatico, processo per il quale desidererei proporre il nome di conversione”. Un anno più tardi, negli Studi sull’isteria, Freud riafferma l’ipotesi che il sintomo isterico nasca perché l’energia libidica di un processo psichico, anziché essere elaborata coscientemente, viene indirizzata nell’innervazione somatica, e che esso costituisca il sostituto di un atto psichico omesso e una reminiscenza del motivo che l’ha determinato, e come tale usa il concetto di conversione per descrivere e discutere i quattro casi clinici che in tale opera presenta. Il concetto di conversione come energia libidica distaccata dalla rappresentazione rimossa e trasformata in energia d’innervazione sarà ulteriormente elaborato da Freud a proposito del caso di Dora (1905). Accanto alla funzione economica del meccanismo di conversione, Freud ne mette in evidenza il significato simbolico. Egli parla di “capacità di conversione” (1894), concetto che, nel caso di Dora, riprenderà in termini di “compiacenza somatica”, a indicare tanto la scelta di un particolare organo o apparato quale sede del sintomo da conversione, quanto la scelta del corpo come luogo di espressione simbolica dei processi psichici e dei conflitti inconsci. Infatti, estenderà il concetto di conversione dall’isteria alle nevrosi in genere.  L’attuale ricerca psicosomatica studia questo “salto misterioso” dallo psichico al somatico, distinguendo vari tipi di somatizzazione, per cui si parla oggi di sintomi somatici come linguaggio e di sintomi somatici precedenti la formazione del linguaggio e dell’avvio del processo di simbolizzazione.

Tecnologia energetica

Conversione dell’energia.  Le fonti primarie di energia non sempre sono utilizzabili tal quali; è spesso necessario sottoporre la fonte primaria a un processo di conversione in energia termica, meccanica o elettrica. La maggior parte delle fonti fossili non rinnovabili e, in parte, anche le rinnovabili, subiscono un primo processo di conversione in energia termica. L’energia termica può essere convertita in meccanica e quest’ultima trasformata in elettrica. La conversione termodinamica trasforma l’energia originale in energia termica, poi in lavoro meccanico di un albero motore e poi in energia elettrica tramite una macchina elettrica. La conversione diretta trasforma direttamente (senza il tramite del lavoro meccanico) l’energia chimica, termica, elettromagnetica, nucleare, fornita da una data fonte primaria in energia elettrica. Tutti i processi di conversione sono caratterizzati da un rendimento (rapporto fra l’energia utile prodotta e l’energia spesa) sempre minore dell’unità e fortemente variabile con il tipo di convertitore.

Economia politica

Conversione del debito pubblico. È un’operazione finanziaria attuata dallo Stato molto usata nel passato, e avente quasi sempre per scopo la riduzione del carico d’interesse sul debito pubblico, mediante sostituzione di titoli che rendono un dato interesse con altri titoli portanti un interesse minore oppure con scadenze diverse. L’operazione è nettamente distinta dall’ammortamento del debito pubblico, con il quale si riduce, con varie forme e istituti, il carico del debito pubblico, rimborsando il capitale secondo piani prestabiliti. Si ha conversione forzosa quando lo Stato riduce l’interesse senza il consenso dei creditori. È un mezzo per economizzare le spese a cui ricorrono solo gli Stati con le finanze disastrate, un tale atto significa violazione di patti contrattuali e resa dello Stato. Se ne ebbero esempi nel secolo scorso in alcuni stati dell’America centrale e meridionale. Tale forma di conversione prende anche il nome di ripudio dei prestiti pubblici. Si ha conversione mascherata quando lo Stato riduce di fatto il tasso d’interesse con provvedimenti che in apparenza hanno i caratteri della legalità, come l’applicazione di un’imposta speciale sui prestiti pubblici garantiti dall’immunità tributaria. Per esempio, lo Stato continua a corrispondere il 5% ma trattiene a titolo d’imposta il 20% dell’interesse pagato originariamente sul titolo.
Una seconda forma usata nel passato, in presenza di circolazione metallica, consisteva riduzione del valore della moneta con la quale si pagavano gli interessi. Per i Paesi dotati di moneta metallica la riduzione si operava direttamente sul contenuto metallico della moneta o con l’emissione di carta moneta. Era questa la forma più usata per diminuire il peso dei prestiti pubblici. L’emissione di carta moneta era uno dei mezzi di finanza straordinaria; con esso lo Stato, mentre da un lato provvedeva alle esigenze di carattere straordinario, dall’altro lato diminuiva il carico delle spese già consolidate nel bilancio. I portatori dei prestiti pubblici che avevano acquistato i titoli alla pari, con il deprezzamento della moneta si vedevano ingiustamente ridotti sia il valore capitale dei titoli, sia il saggio reale d’interesse.
Perfettamente legittima era invece la conversione consensuale: riguardava di preferenza titoli irredimibili o a lunga scadenza. Essa era compiuta con il consenso dei creditori e definiva la riduzione del tasso.  Lo Stato, contraendo in passato un prestito consolidato irredimibile, si assumeva l’impegno di pagare ai creditori un determinato interesse, mentre non si obbligava a rimborsare il capitale nominale, ma si riservava il diritto di farlo quando meglio gli conveniva.