Dizionario del Cristianesimo

A B C D E F G I L M N O P Q R S T V

Introduzione

La parola demone deriva dal greco dàimon che si riferiva a entità super-umane diverse dalle divinità e interferenti nella vita dell’uomo e dell’intero universo in modo né benefico né malefico a priori. Durante il corso della storia, la parola ha assunto significati molto diversi tra loro e divergenti da quello originario. Fin dai primi secoli del cristianesimo  il nome di demone è stato attribuito dagli apologeti cristiani a ogni essere considerato super-umano dai pagani, fosse o meno esplicita la divinità. Gli apologeti usarono anche la parola diavolo (dal greco diàbolos, calunniatore) come sinonimo di demone. Nell’ambito della storia delle religioni la parola demone ha infine assunto generalmente il significato di entità super-umana, diversa dalla divinità e portatrice di forze malefiche o negative. Se si vuole ritrovare nella fenomenologia religiosa un denominatore comune corrispondente al demoniaco, si dovrà innanzi tutto limitare la qualifica di demone alle entità malefiche cui non viene tributato culto, se non in funzione apotropaica. Il demone è, dal punto di vista dell’uomo, l’estraneo per eccellenza: la realtà extra-umana che non può mai entrare in rapporto genuino con l’uomo. Da questo punto di vista, l’inaccessibilità del divino può essere confusa con l’inaccessibilità che è qualità intrinseca del demone e che determina l’aspetto orrido e micidiale delle sue pseudo-epifanie e delle sue figurazioni. Tale possibilità di confusione è stata più volte sperimentata nell’ambito della demonologia e in generale dell’esoterismo: basti pensare alla dottrina dello Jehova nero proposta da Eliphas Lévi (esoterista francese, 1810-75), secondo il quale il demone sarebbe “l’altro volto di Dio ”. La nostra distinzione fra demone e principio del male è necessariamente solo metodologica; essa però trae conforto da un elemento genuino della fenomenologia religiosa: l’esistenza di demoni non divini.

Preistoria

Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che certe figurazioni parzialmente antropomorfe dell’arte paleolitica possano essere intese come immagini demoniche. Tra queste risultano: la figura antropomorfa con testa di uccello nella grotta di Lascaux; la figura barbata, con coda equina, incisa su una lastrina ritrovata a Lourdes; il cosiddetto “stregone” della grotta di Trois-Frères, con corna di cervo, coda equina e volto di uccello notturno.

Antico Egitto

Nella religione egizia le entità demoniche in senso stretto appaiono collocate in un rango nettamente inferiore a quello degli dèi. La loro sede tipica è l’Aldilà (Duat), e quindi le loro immagini sono documentate dai testi principali della letteratura sacra escatologica, il Libro di ciò che è nell’Aldilà e il Libro delle porte. Si tratta, per la maggior parte, di entità negative, dotate di armi e spesso di attributi animaleschi, che ostacolano e minacciano il dio solare durante il suo itinerario infero e quindi anche il defunto (o forse l’iniziato) che ne ripete la vicenda. “Demonico” potrebbe anche dirsi il mostro ‘Ammut, destinato a divorare i morti riconosciuti colpevoli nel giudizio dell’Oltretomba e raffigurato come un ibrido di leone e di ippopotamo dalle illustrazioni del Libro dei morti. La figura di ‘Ammut denuncia esplicitamente il rapporto fra demone e morte divoratrice, che sopravviverà fino al Medioevo cristiano e già era preannunciato dai miti dei “primitivi”, secondo i quali l’avversario del dio buono avrebbe introdotto la morte nella creazione.

Mesopotamia

Nella tradizione letteraria e religiosa mesopotamica, possono essere definite come demoni nella comune accezione varie famiglie di entità malefiche (rabisuutukku ecc.) variamente menzionate nei testi magici in rapporto con malattie e raffigurate generalmente in sembiante animale. Demoni femminili sono anche Lamastu, dalla testa di leone e Lilitu (l’archetipo dell’ebraica Lilit), dagli artigli di uccello rapace. Anche nel mondo mesopotamico, comunque, le entità demoniche sono nettamente secondarie rispetto alle divinità, e la frequenza delle loro menzioni dipende soltanto dallo sviluppo assunto dalle pratiche magiche (apotropaiche o evocatorie) in quella cultura.

Grecia, Ellenismo, Etruria

Già si è detto che la parola dàimon non designò nella Grecia antica entità malefiche, bensì spiriti intermedi fra l’umano e il divino, come il demone ispiratore di Socrate. Ciò naturalmente non esclude che all’interno dell’orizzonte mitico-religioso ellenico esistessero entità malefiche, per quanto la funzione mitica di molte figure mostruose (la Gorgone, la Chimera, l’Idra) fosse solo intesa a rappresentare la mostruosità del pre-cosmico. Più ricca appare invece essere la demonologia d’età ellenistica, cui la diversità delle culture assorbite entro l’oikouméne grecanica conferisce analoghi caratteri di varietà. Nel mondo etrusco la presenza di entità demoniche (PhersuTuchulcha), solitamente dagli attributi orridi e animaleschi, sembra frequente e sempre riferita all’Aldilà. Tali figure mostrano un volto deforme (che può far pensare a una maschera), e recano attributi animaleschi (becco di uccello, serpenti, artigli); anch’essi, tuttavia, possono solo genericamente essere denominati demoni, poiché si ricollegano non tanto alla presenza del male, quanto al volto orrido della morte contrapposto alla realtà umana. Spirito della morte, più che demone, è Charun (il Caronte etrusco), accompagnato da entità demoniche maschili e femminili, per lo più alate ma non sempre orride, nelle quali si manifesta l’ambiguo e inquietante mondo né umano né divino che incombe sul defunto.

Mazdeismo

Nei più antichi testi iranici, i Yasht, demoni malefici, sono menzionati quali avversari di alcuni dèi maggiori, spesso con il vocabolo asura. Nei Gatha, invece, le entità che circondano il dio supremo Ahura Mazdâh comprendono due spiriti gemelli, uno benefico, spentamainyu, e uno malefico, angra mainyu (Ahriman). A partire dal Videvdat, infine, lo spirito del male risulta contrapposto ad AhuraMazdâh quale principio di contro-creazione. La soggezione di Ahriman a AhuraMazdâh, mostra la sua inferiorità e quasi inserisce armonicamente la sua presenza nell’economia universale. Il mazdeismo, tuttavia, non è mai giunto a considerare esplicitamente che la presenza del demone fosse consentita dal dio in vista di un bene superiore.

Manicheismo

Il fondamentale dualismo della religione manichea contrappone al re della luce un re delle tenebre, al quale sono gerarchicamente sottoposte numerosissime altre immagini demoniche. Per il manicheismo la manifestazione prima dell’orrore demonico è la concupiscenza, la fornicazione e al tempo stesso il cibarsi di carne: azioni miranti ambedue alla soddisfazione carnale e alla dedizione bestiale verso il desiderio. Dalla fornicazione dei demoni nascono aborti che cadono sulla terra, si accoppiano e si riproducono, originando gli animali; poi due demoni maschio e femmina, intervengono e divorano i nati dagli aborti per assimilarli a sé; infine, dalla coppia demonica nasce la prima coppia di uomini, i quali conservano nell’aspetto e nell’interiore concupiscenza l’eredità dei progenitori demonici. Abbiamo inizialmente supposto che alle origini delle immagini demoniche sia la parte dell’esperienza umana del divino rimasta oscura e irrisolta ai margini del processo dialettico fra uomo e divinità, implicito nella coscienza della creazione. Nel manicheismo quella parte dell’esperienza umana è stata percepita come talmente grave e incombente da assurgere alla condizione di matrice dell’Anti-dio.

India, Tibet, Cina, Giappone

La religione indiana durante il periodo vedico sembra ignorare i demoni; neppure gli aspetti terrifici del dio Rudra possono giustificare la qualifica demonica, poiché si tratta pur sempre degli attributi di un dio, e di un dio non del male, ma del “selvaggio”. In epoca più recente, le figure degli Yaksa e delle Yaksî, divinità minori o “spiriti” connessi con la fertilità, possono anche esercitare funzioni malefiche; ma l’aspetto malvagio non è una loro costante e non caratterizza la loro natura in modo così profondo da farla considerare demonica. Infine, nel tardo induismo, le immagini terrifiche che compaiono soprattutto nell’arte popolare hanno funzione apotropaica, e quindi espressamente non demonica, bensì ostile verso gli influssi malefici. Molto discutibile è anche l’attribuzione della qualifica di demoni alle entità terrifiche conosciute dal lamaismo tibetano. Come denunciano i loro attributi orridi, essi hanno effettivamente un rapporto con l’aspetto malefico delle forze della natura incontrollate; ma la dottrina religiosa afferma che rituali magici le hanno assoggettate per la maggior parte e costrette a coadiuvare il Buddha nella sua opera di ordine e di pace. Chiamate yi dam, quelle entità apparentemente demoniche fungono in realtà da difensori contro le forze maligne e quindi possono essere chiamate demoni solo impropriamente. Il lamaismo tibetano, d’altronde, afferma che alcuni demoni sono ancora liberi di operare malvagiamente, non “domati” e costretti al servizio della religione del Buddha; verso di essi è rivolta l’opera della magia, non per distruggerli, ma, appunto, per integrarli nel novero delle forze benefiche. Analogamente, in Cina e in Giappone, almeno nell’ambito del buddhismo, non si trovano veri e propri demoni, bensì piuttosto entità dalle parvenze terrifiche che difendono dagli influssi ostili o manifestano l’aggressività del bene verso l’impurità e il peccato . Si pensi in particolare alle splendide e vigorosissime figurazioni di entità destinate a difendere il predominio del bene, la purezza dei luoghi sacri, scolpite in Giappone durante il periodo Kamakura. Considerare simili entità come demoni significherebbe fraintenderne il genuino significato. Il buddhismo, d’altronde, non concepisce demoni in assoluto: anche le entità presenti nei vari inferni sono soltanto provvisorie proiezioni del peccato, emanazioni karmatiche grazie alle quali potrà compiersi l’espiazione. Nulla secondo la dogmatica buddhista gode di vita eterna, e quindi neppure le proiezioni del peccatore, segnate orridamente dalla sua colpa. Nella religiosità popolare della Cina e del Giappone sopravvivono, però, entità demoniche di antica origine: forze ostili all’uomo, di svariatissima natura, che possono agire minacciose contro ogni aspetto dell’esistenza. In Giappone, soprattutto, la qualifica di demone può giustamente spettare alle anime dolenti e malefiche degli uomini morti nell’ira o nella vendetta, oppure talmente guasti dal peccato e dalla colpa da non possedere quasi più elementi umani. Il teatro No evoca spesso spiriti demonici di tale sorta. In Cina, una concezione dualista dell’anima , che perviene alla sua definitiva formulazione nel II secolo a.C., prevede che l’essere umano possieda due anime, l’anima spirituale hun, che dopo la morte ritorna in cielo, e l’anima corporea po, che ritorna invece sulla Terra. Esiste negli inferi una sorta di “burocrazia” incaricata di accogliere e accudire l’anima corporea, le cui condizioni sono strettamente connesse alle attenzioni poste dai vivi nell’onorare la spoglia del defunto. Le anime po di coloro ai quali non sono stati riservati sacrifici confacenti o che non hanno trovato adeguata sepoltura torneranno sulla Terra sotto forma di gui, demoni. I gui sono dei revenant (il termine è fonologicamente connesso con l’omofono verbo che significa “tornare”), spiriti incorporei non perché affrancati dal corpo, ma perché derivati del corpo, in parte o del tutto. Si tratta di spiriti ai quali l’antropocentrismo della cultura cinese, e di quella confuciana in particolare, nega ogni caratteristica sovrumana, ponendoli piuttosto in una categoria di esseri subumani, comunque destinati a essere sconfitti dall’uomo. Essi trovano amplissimo spazio anche nel filone del “sovrannaturale” all’interno della letteratura cinese, a partire dal III secolo e almeno fino al secolo scorso (con una vigorosa ricomparsa nella letteratura contemporanea, a partire dagli anni Ottanta).

Ebraismo

Nel Primo Testamento le immagini del male compaiono con grande varietà. Una serie di entità malvagie, animali e mostri del deserto aggrediscono l’uomo nella sua carne. Fra queste Lilit, il demone mesopotamico, e i seirim, sorta di satiri animaleschi. A essi si aggiungono i demoni micidiali, spesso dagli attributi animali, che recano malattie e sofferenze (come il demone meridiano, secondo la Vulgata, del Salmo 91, 5), e soprattutto il re dei terrori, la Morte, chiamata anche Sheol o Abisso o Abaddon (perdizione) o Belial (nullità). Al suo regno appartengono mostri dell’elemento liquido quali Rahab e Leviatan. Tutte queste forze della morte, dell’abisso, del nulla, sono nemiche del Dio creatore e del suo popolo; esse tuttavia rimangono soggette alla sovranità divina, poiché il grido di Dio basta a ridurle al silenzio (Is, 27, 13; 50, 2). Il testo biblico si preoccupa di evitare ogni appiglio al dualismo, e quindi non accenna mai a una personificazione reale comprensiva di tutte le forze malefiche e opposta a Dio. Una seconda e più importante categoria di demoni è quella degli angeli caduti perché ribelli contro Dio, e principalmente da Satana (in ebraico Œatan). Con questo nome è designato l’angelo ribelle, l’eternamente dissenziente fra i figli di Dio; egli non è mai presentato come il capo delle forze del male, ma con il male e con ogni sua manifestazione egli è alleato, così come con la morte. Negli scritti dell’ebraismo rabbinico Satana continua a essere considerato soprattutto come il nemico dell’uomo. È assente la nozione di un regno del male. Al demone è attribuita una triplice funzione, rispecchiata dai suoi tre nomi: Sama’el o Satana (accusatore), Yeser ha-Ra’ (tentatore), Angelo della Morte (omicida). Oltre a Satana, la teologia rabbinica conosce numerose entità demoniche minori. Sono i cosiddetti Sedim, cui la tradizione cabalistica aggiunge le kiphot: in queste ultime, alcuni hanno riconosciuto le ombre capovolte delle sephirot, e cioè delle emanazioni della luce divina; altri, le manifestazioni delle sephirot “del rigore” o “della sinistra”. 

Islam

Nella tradizione islamica è menzionato un sovrano dei demoni, al-Saitan (Satana) o più comunemente Iblis (nome probabilmente derivato dal greco diàbolos), cui sono sottoposti numerosi demoni minori, i Ginn. Nati dal fuoco, Iblis e i suoi ministri sono condannati all’inferno (Gahanna) da Dio, il quale però a volte conferisce loro l’incarico di tormentare i peccatori. Le parvenze di Iblis e dei demoni a lui sottoposti sono generalmente orride, con mostruosi attributi animaleschi. Fanno talora eccezione i ghul, vampiri o demoni antropofagi in grado di assumere l’aspetto di belle donne per irretire le loro vittime. Nell’ambiente iranico spiccano inoltre le figurazioni di diw (dev), demoni malefici la cui tradizione appare alimentata dallo Sâh-nâma di Firdusi.

Cattolicesimo

Nel linguaggio cristiano il termine demone indica gli angeli ribellatisi a Dio e perciò da Lui precipitati nell’inferno, che ora tentano l’uomo al male. Nel Secondo Testamento vediamo chiaramente l’opera malefica di Satana. I Padri  hanno approfondito i dati della Bibbia  e abbozzato una vera teologia  dei demoni, che sarà poi organicamente sistemata dalla Scolastica. Non sono mancate, nel corso dei tempi, le definizioni e le dichiarazioni del Magistero ecclesiastico; dai vari documenti deriviamo come verità di fede: che i demoni sono stati creati da Dio; che sono stati creati buoni; che sono caduti per loro colpa; che essi non hanno creato né la materia né i corpi; che Satana ha tentato l’uomo, facendolo cadere nel peccato; che egli e i suoi angeli tentano e perseguitano gli uomini, per quanto Dio permette loro; che per le loro colpe sono stati condannati all’inferno, appositamente per essi preparato. I demoni sono puri spiriti, dotati d’intelletto e di volontà, creati prima degli uomini e all’inizio del tempo, e sono talmente ostinati nel male, che in nessuna maniera possono deflettere dal peccato commesso. Tale dottrina è stata ribadita dal Concilio Vaticano  II, e da Paolo VI nell’allocuzione del 15-11-1972, nella quale, inoltre, condannava i tentativi di certa teologia contemporanea di ricondurre il concetto di “diavolo” a semplice simbolo del concetto di peccato. L’esistenza di Satana e dei demoni è stata riaffermata dalla Congregazione per la dottrina della fede con un documento del giugno 1975 e ancora da Giovanni Paolo II (1986).

Culture di interesse etnologico

I demoni, intesi come esseri spirituali intermedi tra l’umano e il divino, dotati di poteri soprannaturali e associati a determinati luoghi o manifestazioni atmosferiche, distinti dagli “spiriti della natura”, sono largamente presenti nelle culture d’interesse etnologico. Tra i gruppi di cacciatori e pescatori dell’America del Sud, vi sono i demoni protettori (degli animali, del bosco, dei fiumi e delle acque) che assicurano selvaggina e pesca dopo aver ricevuto offerte e preghiere. In Amazzonia il demone delle acque è considerato padre di tutti gli animali acquatici e prima della pesca si fanno offerte di tabacco. Talora i demoni presentano un aspetto semi-ferino, come il Signore delle acque Sampallwe degli araucani. Garanti dell’ordine naturale, i demoni uccidono gli uomini che abbattono sconsideratamente la selvaggina. In tutta l’area sudanese il signore della selvaggina e altri demoni della foresta compaiono nei miti e nei rituali relativi alla caccia. Le popolazioni di piantatori dell’America del Sud dedicano rituali agli spiriti delle piante come piuku, demoni della cassava (manioca) dei caribi del Barama (Guyane) e Yurupari, il malvagio demone degli antichi tupì dell’est, dal cui corpo sono state originate alcune piante commestibili e in taluni casi (puinave) anche gli strumenti musicali usati nelle iniziazioni. In onore dei demoni della fertilità, in Amazzonia nord-occidentale si danza e si mima l’accoppiamento durante i riti di fecondità; arawakuitoto e jivaro preparano feste per la maturazione dei prodotti della foresta, in cui i suoni delle trombe e dei flauti sono interpretati come le voci dei demoni della vegetazione. Il demone della boscaglia compare spesso nei riti d’iniziazione in prima persona o impersonato dal capo cerimoniale (Africa centrale) o dal capo della società segreta (Africa occidentale) o come l’essere mitico che si suppone divori l’iniziando per poi restituirlo a nuova vita (Sudan centrale e meridionale). In Oceania, durante i riti iniziatici delle società segrete maschili, sotto le maschere e nei demoni, la cui voce è rappresentata dal suono del rombo, si nascondono i già iniziati. Talora (Siberia meridionale, Asia settentrionale e America Meridionale) i demoni sono considerati apportatori di malattie, per cui lo sciamano invia la propria anima fra loro per recuperare lo spirito del malato. Nell’Africa islamizzata (Senegal, Etiopia) gli spiriti jinne e seytane sono spesso considerati causa di malattia e morte. Spiriti e demoni (della foresta, dei campi, dell’acqua e dei morti) compaiono accanto ai grandi eroi culturali nelle mitologie degli indiani d’America. Gli eschimesi credono che i monti, la tundra e i laghi siano popolati di demoni In molte religioni attuali caratterizzate da sincretismo demoni e diavoli si trovano accanto a figure d’origine cristiana o islamica.