Dizionario del Cristianesimo

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Definizione

Dal greco leiturghìa, pubblico servizio, e dal greco lèiton, il luogo degli affari pubblici, e érgon, opera.

Storia greca

Nell’antica Atene era una prestazione personale a cui lo Stato obbligava i cittadini ricchi a favore delle finanze pubbliche. Le principali liturgie ordinarie erano: l’architeoria (legazione sacra) alle feste nazionali e la coregia. Altre erano l’allevamento di un cavallo da guerra (hippotrofìa) e l’imbandigione di un banchetto durante certe feste (hestìasis). Queste liturgie, benché gravose, davano al cittadino ambizioso un’occasione di guadagnarsi con la magnificenza e con lo splendore la simpatia popolare. Una liturgia straordinaria era la trierarchia imposta in tempo di guerra. Per essa gli strateghi nominavano fra i più ricchi il numero necessario di trierarchi, i quali dovevano armare ciascuno una nave e mantenerla fornita di tutto punto. Poiché questa liturgia era particolarmente onerosa e molti cittadini tentavano di sottrarsi all’obbligo, verso la fine del V secolo a.C. si dispose dapprima che la spesa fosse suddivisa fra due o più cittadini (sintrierarchia); in seguito si modellò la trierarchia sul tipo delle simmorie, dividendo i 1200 cittadini più ricchi in 20 sezioni, ognuna delle quali doveva pensare all’allestimento e al mantenimento di una nave.

Religioni cristiane

Cattolicesimo

Sotto il profilo liturgico, nei primi secoli la vita delle prime comunità è all’insegna dello spiritualismo cultuale; le forme celebrative sono estremamente sobrie e semplici. Con l’età di Costantino la situazione muta vistosamente. Nasce la solenne e grandiosa liturgia basilicale; le forme espressive si fanno esuberanti, assecondando l’influsso della civilizzazione ellenistica. Tuttavia, ciò avviene organicamente, sviluppandosi dalle matrici bibliche. Si riesce a conciliare simbolismo semitico e sensibilità neoplatonica, soprattutto nei sacramenti  dell’iniziazione cristiana. Nella svolta decisiva, l’azione pastorale dei Padri della Chiesa  e la chiarezza teologica dei concili  ecumenici riescono a tenere ancorata la liturgia alle sue radici; nella catechesi  e nella prassi essa è al centro della vita cristiana. Questa stagione ha tuttavia una durata relativamente breve. Il rapido declino della civiltà antica e il trapasso d’epoca che introduce il Medioevo faranno sentire presto il loro condizionamento: la teologia  si devitalizza, i simboli si stemperano nell’allegoria, le forme si vestono di un cerimoniale sempre più intricato. Oriente e Occidente percorreranno sentieri diversi. Con la riforma gregoriana (fine VI secolo) la liturgia occidentale si avvia a una situazione di crisi endemica che si prolungherà fino a tutta l’età moderna e contemporanea. Sembra che siano due le cause della decadenza: la disaffezione per misconoscenza verso la Bibbia , non più posta a fondamento del culto, e la conseguente via esclusivamente speculativa della teologia, incapace di cogliere il senso della celebrazione cristiana. A partire dal IX secolo la liturgia romana viene impiantata anche Oltralpe: mentre decadono la gallicana e la celtica (l’africana e l’aquileiese si sono già dissolte) e più tardi sarà abolita anche quella ispanico-mozarabica, sopravvivrà quella ambrosiana. I popoli franco-germanici non ebbero la fortuna toccata a quelli slavi, cioè la traduzione della liturgia nella propria lingua, fatto divenuto un importante elemento di civilizzazione e di evangelizzazione. Per i suoi indubbi pregi, il rito romano fu apprezzato dai nuovi popoli, ma, per non essere compreso nella lingua, rimase un elemento sociale piuttosto debole e non divenne mai popolare. La liturgia prosegue ineluttabilmente nella sua fase involutiva: il giuridismo la porta a una rubricizzazione esagerata; l’esteriorismo la fa sempre più spettacolo; la materializzazione delle forme la svuota spiritualmente fino a intriderla di superstizione e di magismo. Sempre meno compresa nella sua natura profonda, viene spiegata ormai solo più nelle sue espressioni esteriori (gesti, vesti, parole ad alta voce) e in modo allegorico: si apre così la via alle interpretazioni più cervellotiche che la gettano nel discredito. Tutti i ruoli vengono progressivamente monopolizzati dal clero ; i laici sono ammessi come semplici assistenti sempre più passivi. Pur essendo un fatto di notevole portata nella vita ecclesiale, nella spiritualità cristiana la liturgia conta sempre meno. Il popolo cerca forme più concrete: pellegrinaggi, processioni, reliquie, indulgenze. Nel rinnovamento che prende il via nel secondo Medioevo, i fedeli sono avviati a supplire a questa situazione creando essi stessi le loro espressioni cultuali: le devozioni. Questo fenomeno, così significativo nella storia della pietà occidentale, segna tuttavia la spaccatura cultuale, che non sarà più saldata: la liturgia per il clero, le devozioni per il popolo. Il cristianesimo risorge come la religione dei santi  e delle devozioni: il rimedio non riuscì a sanare il male. Nel XVI secolo la prassi liturgica è degenerata a tal punto che l’occasione per cancellarla del tutto è matura. Se ne incaricherà la Riforma , che tuttavia tenta di risalire alle origini del culto cristiano, purificato dalle incrostazioni che lo sfigurano e lo rendono quasi irriconoscibile. La Controriforma  tenterà di arginarne la dissoluzione eliminando gli abusi più gravi e chiarificando la teologia dei sacramenti. Dal punto di vista liturgico non riuscì a fare molto, perché non si arrivò a riscoprire la nozione di culto. Le cerimonie continuano a essere come prima, anche se più controllate. Il barocco ne accentuerà la teatralità e darà loro uno stile trionfalista. Per i movimenti di rinnovamento spirituale nati da questo periodo (riforma carmelitana, Gesuiti, spiritualità salesiana) la liturgia costituirà un fatto d’importanza secondaria. Anche l’illuminismo cattolico non riuscirà a realizzare nulla di fatto. Salvo poche eccezioni, il rinnovamento cattolico del XIX secolo resta di cultura barocca e devozionale. Per la risalita bisognerà attendere fino al “movimento liturgico”. L’attuale recupero della nozione di liturgia, alla base della riforma rituale del Concilio Vaticano  II, è partito dalla nozione di “storia della salvezza” come categoria interpretativa dell’intera Sacra Scrittura. Questo concetto indica “la realizzazione del progetto di Dio per redimere gli uomini”. Secondo la Bibbia , l’“economia” (il piano salvifico) distingue due fasi o tempi di attuazione: la preparazione veterotestamentaria, avente carattere profetico, e il compimento in Gesù  di Nazaret, come inizio della realizzazione ultima. Gli eventi del tempo biblico sono visti come fondanti. Con l’attuazione definitiva in Cristo  prende il via il tempo della Chiesa . La storia della salvezza continua in essa non più con eventi singoli, ma è attualizzata attraverso le celebrazioni liturgiche che li irradiano. La liturgia è, dunque, la continuazione della storia della salvezza, in forma rituale, nel tempo della Chiesa.

Protestantesimo

Nel protestantesimo  la liturgia ha un’importanza diversa che nel cattolicesimo o nell’ortodossia: al centro del culto vi è la predicazione, cioè l’interpretazione attuale della Sacra Scrittura; mentre la liturgia (canti, preghiere) rappresenta i momenti dell’adorazione, dell’intercessione e della comune confessione dei peccati . Molto semplice nelle chiese di tipo calvinista o battista, la liturgia è assai complessa fra i luterani, fino a giungere con gli anglicani a forme assai vicine a quelle della tradizione cattolica. Nel corso del Novecento si è affermato un movimento di rivalutazione della liturgia, peraltro vivacemente discusso.

Giudaismo

Nel linguaggio religioso il termine liturgia designa il culto nella sua forma pubblica. La distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. segnò da un lato la fine del culto sacrificale, dall’altro lo sviluppo della preghiera pubblica in comune. Elementi essenziali della preghiera sono: la professione di fede (Sema` Yisrâ’el) e la tefillâh o preghiera in senso stretto. Larga parte hanno le letture bibliche, specie del Pentateuco e dei Profeti. Nel VI secolo d.C., i testi liturgici furono fissati per iscritto e si chiuse il periodo formativo delle preghiere fondamentali. Modificazioni profonde caratterizzano il giudaismo riformato: la liturgia vi è ridotta, semplificata, passata in parte o del tutto alla lingua locale. Alla liturgia sinagogale si affianca quella domestica e familiare, di non minore importanza.