Dizionario del Cristianesimo

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Introduzione

Antropologicamente parlando, i missionari sono persone inviate in Paesi alieni (o luoghi con caratteristiche particolari) allo scopo di introdurvi l’insegnamento e le istituzioni della religione. Le grandi religioni monoteiste (cristianesimo , islam e buddhismo) hanno tutte inviato missionari per diffondere i loro precetti, ma quelli cristiani hanno avuto un ruolo particolare nella diffusione della cultura occidentale, nel momento della sua espansione, a partire dalla scoperta dell’America. Già da allora, la posizione dei missionari è apparsa ambivalente: attraverso di loro, i valori cristiani sono divenuti ecumenici, ma, nello stesso tempo, la religione (attraverso il colonialismo) ha demolito interi sistemi culturali indigeni. Tipicamente, i missionari inducono una critica morale nella cultura ospite, introducendo nuove pratiche e credenze; a ciò si aggiunge (almeno nella fase positivista) un intervento sul sociale (scuole, luoghi di assemblea) e sulle strategie di sopravvivenza (progetti di sviluppo economico e agricolo). Si può dire che molte popolazioni mondiali abbiano appreso la cultura occidentale attraverso i missionari e che, reciprocamente, gli occidentali abbiano conosciuto i mondi etnografici attraverso le relazioni dei primi missionari. Non sempre, però, il lavoro dei missionari è culturalmente distruttivo (in quanto impone modelli occidentali). Assai spesso, la trasformazione è reciproca e collettiva, con nuovi e originali modelli sociali e di sussistenza come un prodotto finale del rapporto tra missionari e popolazioni indigene. È fuori dubbio che, nel post-colonialismo, intere popolazioni sarebbero state spazzate vie da guerre e carestie indotte senza il collegamento con la storia e il mondo esterno rappresentato dai missionari.

Le missioni cattoliche

La storia missionaria si apre con la prima comunità cristiana. Compiuta nei secoli successivi la diffusione del cristianesimo in Europa, con il secondo millennio comincia un secondo grande periodo missionario caratterizzato dalle prime aperture con il mondo extraeuropeo, il quale con le conquiste degli arabi e le minacciose invasioni mongole era venuto in contatto con il mondo cristiano. Bisognava ora difendere la cristianità dall’invasione musulmana e mongola e, se possibile, guadagnare gli uni e gli altri alla fede . Di qui la triplice mossa del papato , con tre tipi di spedizioni: quelle armate, con le crociate, quelle diplomatiche e quelle strettamente religiose e apostoliche di cui i Francescani e i Domenicani furono i principali esecutori. Succede il periodo dell’evangelizzazione di tipo coloniale, a collaborazione ecclesiastico-statale. È il periodo del maggior cammino dell’apostolato, che si avvale della collaborazione degli antichi Ordini religiosi e di altri più recenti, come i Cappuccini e soprattutto i Gesuiti. Con il 1622, data dell’inizio dell’attività della congregazione di Propaganda Fide, si vanno creando nuove unità territoriali, i “vicariati apostolici”, affidati alla cura di organismi missionari di nazioni diverse dalla Spagna e Portogallo, e dotati di larga autonomia e di numerose facoltà. L’insorgere di varie difficoltà e lo scoppio della Rivoluzione francese, che finì per confiscare anche i beni di Propaganda Fide, segnò la decadenza delle missioni. La ripresa venne nel XIX secolo, suscitata dal risveglio religioso dei popoli e dagli eventi del mondo extraeuropeo, con le nuove esplorazioni e scoperte geografiche e le imprese coloniali e umanitarie, che ebbero per oggetto soprattutto l’Africa e l’Oceania. Con il secondo ventennio del XIX secolo le missioni costituirono dunque il vicariato dell’Oceania centrale (1883) e quello delle Due Guinee (1884). Sono ancora della stessa epoca gli inizi dell’evangelizzazione delle diverse tribù indiane del nord-ovest e del nord del Canada. L’organizzazione attuale consta di un elemento direttivo centrale, il pontefice, che si serve di varie sacre congregazioni, soprattutto di Propaganda Fide. L’elemento operante nel territorio stesso delle missioni sono i missionari, mentre elemento coordinatore sono le Delegazioni apostoliche, con sede nelle missioni stesse.

Le missioni protestanti

Nei primi secoli del protestantesimo  si ha attività missionaria da parte di individui isolati; dalla fine del XVIII secolo se ne occupano molte società indipendenti; solo all’inizio del XX secolo si determina un’attività ufficiale, da parte di parecchie Chiese. Un primo Congresso missionario internazionale (Edimburgo, 1910) dispose contatti, la pubblicazione di una rivista e l’istituzione di consigli nazionali e internazionali: un International Missionary Council, sorto nel 1921, nel 1961 fu integrato nel Consiglio ecumenico delle Chiese. Questioni missionarie si trattarono ad Amsterdam (1948) ed Evanston, presso Chicago (1954). Le missioni protestanti hanno sviluppato in modo particolare il settore medico-sanitario e nel settore culturale hanno dedicato grande attenzione alla traduzione della Bibbia  nelle lingue di vari popoli e tribù. Missioni protestanti di diversa antichità si hanno in Paesi cattolici come l’Italia e la Spagna. Notevole è la penetrazione protestante nell’America Latina; tentativi si ebbero e continuano tuttora nei Paesi del Vicino e Medio Oriente e in India. Quasi tutte le Chiese protestanti nate dal lavoro missionario sono giunte attualmente all’autonomia organizzativa e teologica; le più significative sono quelle dell’Africa centromeridionale, dell’India, della Corea, dell’Indonesia e del Giappone.