Dizionario del Cristianesimo

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Dal latino redemptio, il termine è passato alla storia con un significato giuridico e un significato religioso. L’equivalente greco del termine latino, apolytrôsis, designa il riscatto della vita, della libertà, mediante l’offerta di un prezzo. Nella storia delle religioni questo concetto primitivo viene assunto a un significato più alto; lo troviamo, per esempio, presso la filosofia indiana nella teoria del riscatto dal karman; presso il mazdeismo nella visione escatologica dell’ultima lotta tra il bene e il male con la definitiva palingenesi di tutte le cose; presso le religioni misteriche del mondo greco-romano e nei tentativi magici di liberazione dalla mòira (fato) e dall’eimarmène (sorte); nella concezione orfica, incentrata sulla dottrina della necessità di purificarsi da un peccato  originale. Né manca nell’esperienza religiosa precristiana l’idea e la pratica del sacrificio espiatorio più o meno connesso con la colpa, in quanto è inteso a placare o a conciliare la divinità. L’eccezione più vistosa è rappresentata dal buddhismo originario, la cui filosofia fa leva sull’autoredenzione personale. Nella Bibbia  la risurrezione è assunta a designare non una dottrina, ma l’“azione” di una persona divina in favore degli uomini e in diretta ed esclusiva relazione con beni spirituali di una portata profondamente morale. Nel Primo Testamento viene dato l’attributo di “redentore” a Dio  in quanto in Abramo elegge il suo popolo, lo libera poi dall’Egitto e dalle successive servitù e prende l’iniziativa gratuita di un’alleanza  spirituale che aggiunge al riscatto dal male il conferimento di beni straordinari che si concluderanno nella salvezza escatologica. Anche nel Secondo Testamento la risurrezione è un riscatto, ma questo è una liberazione dal male, con l’effetto positivo dell’attuale conciliazione con Dio mediante una filiazione divina dell’uomo. Questo, ribellatosi a Dio, da sé non avrebbe potuto riparare degnamente i diritti divini lesi. Il Verbo, incarnandosi per sola generosità d’amore, si offrì vittima di espiazione al Padre e riparò davanti a Dio in luogo dell’uomo (soddisfazione vicaria). La soddisfazione offerta da Cristo  alla divina Giustizia, e da questa accettata, fu perciò “condegna”, cioè proporzionata alla gravità dell’offesa fatta a Dio. Questa riconciliazione, che nelle altre religioni si ha alla fine, nel cristianesimo  è all’inizio come attuale effetto della redenzione. Autore della redenzione cristiana è Gesù Cristo , il quale riscattò l’umanità mediante il suo sacrificio, culminato nella risurrezione. La dottrina cristiana della redenzione implica pertanto il riconoscimento di un’economia soprannaturale del destino umano, da cui l’uomo, con il peccato, cadde per propria colpa e a cui fu restituito per opera di un mediatore sacrificatosi in sua vece e rappresentanza, che con la redenzione comunica ai credenti i beni della redenzione stessa.