Dizionario del Cristianesimo

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Filosofia

La fede è la credenza religiosa, cioè la fiducia nella parola rivelata. La Lettera agli Ebrei riassume le caratteristiche fondamentali della fede religiosa nelle celebri parole: “Fede è sostanza delle cose sperate e argomento delle non parventi” (Eb 11, 1). San Tommaso d’Aquino, cui sostanzialmente si attenne anche la posteriore filosofia Scolastica, ha chiarito a sua volta queste stesse parole nel modo seguente: “In quanto si parla di argomento, si distingue la fede dall’opinione, dal sospetto e dal dubbio, nelle quali cose manca la ferma adesione dell’intelletto al suo oggetto. In quanto si parla di cose non parventi, si distingue la fede dalla scienza e dall’intelletto, nei quali qualcosa diventa apparente. E in quanto si dice sostanza delle cose sperate si distingue la virtù della fede dalla fede nel comune significato (cioè dalla credenza in generale), la quale non è diretta alla beatitudine sperata”. Con il misticismo tedesco del XIV secolo, in particolare con Meister Eckhart (teologo, 1260-1327/28), cominciò ad affacciarsi la dottrina del carattere privilegiato della fede come via d’accesso originale e immediata alle realtà supreme e a Dio , tema ripreso nel XVIII secolo dalla “filosofia della fede” di Hamann e Jacobi (e anche i romantici, con Fichte e Novalis, spesso riconfermarono questo status privilegiato della fede). In epoca tardo-Scolastica con Duns Scoto si era cominciato ad accentuare però un altro aspetto della fede: il suo carattere pratico, consistente nella sua capacità di dirigere l’uomo verso la beatitudine eterna. Nel mondo moderno, il carattere pratico della fede doveva essere ripreso da Spinoza, ma soprattutto da Kant, che riconosce in essa l’atteggiamento impegnativo che può dirigere sia l’abilità, cioè l’attività che ha in vista fini arbitrari e accidentali, sia la moralità che ha in vista fini assolutamente necessari. La fede è allora innanzi tutto un atto esistenziale, una direzione impressa alla vita dell’individuo, capace di trasformarla e non priva di rischio. Questi tratti appaiono chiari in Soren Kierkegaard quando ritiene che la fede è superiore alla scienza perché indica la certezza più alta, una certezza che si rapporta al paradosso, quindi all’inverosimile: essa è “la coscienza dell’eternità, la certezza più appassionata che spinge l’uomo a sacrificare tutto, anche la vita”. Da questo punto di vista la fede non è fatta di certezze, ma di decisione e di rischio. La fede, dice Kierkegaard, è l’angoscia che si rende certa di sé e di un nascosto rapporto con Dio. Nella filosofia contemporanea questo concetto di fede è stato ripreso da Karl Barth nel suo Commento all’Epistola ai Romani (1919) e da molta parte della teologia  protestante. Da queste ultime analisi prendono le mosse l’esistenzialismo “religioso” di Jaspers, quello “cristiano” di Marcel, quello “personalistico” di Mounier.

Teologia

Il cattolicesimo parla della fede come di una virtù soprannaturale per la quale l’intelletto, sotto l’influsso della Grazia , aderisce alle verità rivelate da Dio non per la loro intrinseca evidenza, ma per l’autorità di Dio rivelante. L’atto di fede viene preceduto da una ricerca razionale, che costituisce il fondamento al rationabile obsequium (Rm 12, 1), quale deve essere la fede. La Rivelazione suppone la certezza dell’esistenza di Dio e della possibilità di Dio di mettersi in contatto con l’umanità, i cosiddetti preambula fidei. Posto quindi che Dio esiste e che può comunicare con gli uomini, la ragione umana può e deve indagare se ci sono stati nella storia avvenimenti tali che garantiscono un intervento miracoloso di Dio: sono i cosiddetti motivi o segni di credibilità. Inoltre, l’intelletto può percepire la necessità di credere ciò che Dio ha rivelato (motivi di credentità). Tuttavia, è necessario che sia la coscienza a credere quanto Dio ha detto, l’intelletto non è necessariamente forzato a emettere l’atto di fede, perché la verità rivelata è misteriosa e manca di quella intrinseca evidenza che suole determinare l’assenso della mente. Interviene allora la volontà mossa dalla Grazia. L’atto di fede è pertanto un atto certo, perché dà la certezza di ciò che si crede, a causa dell’autorità di Dio rivelante; è un atto razionale, perché basato su motivi razionalmente fondati; è un atto libero, perché l’oggetto creduto non è evidente intrinsecamente; è infine un atto soprannaturale, perché emesso sotto la mozione della Grazia divina. Oggetto della fede è tutto ciò che è stato rivelato da Dio con rivelazione pubblica, che si è chiusa con la morte dell’ultimo apostolo . Le rivelazioni private non sono oggetto di fede. La Chiesa  è depositaria, custode, tutrice e interprete delle verità rivelate. La fede è necessaria per salvarsi; i peccati  più gravi contro la fede sono l’apostasia e l’eresia . La dottrina cattolica sul concetto di fede, adesione dell’intelletto alle verità rivelate, si distingue nettamente da quella del protestantesimo , che fa della fede un atto di “fiducia” mediante il quale si apprende di essere giustificati, senza implicare necessariamente un’adesione intellettuale a tutte le verità proposte da Dio. Ma il protestantesimo condivide con il cattolicesimo l’assoluta trascendenza di Dio nei confronti dell’uomo che deve aver fede, anche se la stessa possibilità di fede è al di fuori della sua iniziativa. In questo senso tutte le confessioni cristiane parlano di fede come di un “dono”.