Dizionario del Cristianesimo

A B C D E F G I L M N O P Q R S T V

Introduzione

Dal greco antico Christianismòs; latino christianismus. Il cristianesimo è l’insieme delle confessioni religiose che si ritengono fondate da Gesù Cristo  e guardano a lui come al dispensatore della salvezza. Il nome deriva dal greco ed è documentato a partire dal III secolo, mentre fin dalla metà del I secolo i discepoli di Cristo  sono chiamati christianòi, “cristiani”.

Fenomenologia

Il cristianesimo è una religione monoteistica rivelata, che propone una salvezza da raggiungersi attraverso un mediatore, Gesù Cristo, consistente nella liberazione dal peccato e, in prospettiva, da ogni altra schiavitù, ritenuta sempre conseguenza del peccato . Essa pratica un culto riferito alla persona del fondatore, s’impegna in un comportamento morale che investe non solo la sfera del privato, ma anche quella della vita sociale e si organizza su strutture di diversa impostazione.
Il cristianesimo ha avuto la sua origine nel Vicino Oriente, nella terra abitata dal popolo israelitico (chiamata, lungo la storia, Terra di Canaan, d’Israele, di Giuda, Palestina), durante il periodo della dominazione romana, sotto gli imperatori Augusto e Tiberio. Ne fu fondatore Gesù di Nazaret, che negli ultimi anni (sembra per due anni e qualche mese) della sua vita intraprese un’attività di predicazione  fra la sua gente. Egli proponeva un concetto di Dio  chiaramente monoteistico, ma la descrizione che egli faceva dei propri rapporti con il Padre e con lo Spirito Santo  apriva una prospettiva nuova nella concezione dell’unica natura divina, così che la successiva riflessione cristiana giunse a dare all’insegnamento di Gesù una formulazione trinitaria, che propone il mistero di un unico Dio in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo. L’insegnamento di Gesù, trasmesso dapprima in forma orale (che non venne mai meno nel corso dei secoli), trovò una formulazione nel complesso dei libri del Nuovo Testamento, che si rifanno all’Antico Testamento (l’antica Scrittura del popolo ebraico) e con esso formano l’unico complesso della Bibbia  cristiana, il libro sacro del cristianesimo. In continuazione con l’ebraismo, Gesù riteneva che il male del mondo e dell’uomo avesse la sua radice nel peccato . La salvezza ha pertanto un cammino obbligato: deve cominciare dall’eliminazione del peccato. Con l’eliminazione del peccato, la salvezza cristiana si propone pure l’eliminazione di ogni disordine e sofferenza. Mentre il perdono del peccato viene impetrato da Dio e dal fratello, la lotta contro ogni forma di male è ritenuta impegno dell’esistenza cristiana. Solo la fine dei tempi vedrà il trionfo totale della salvezza (con la partecipazione di tutti gli uomini alla vittoria riportata da Cristo sulla morte), ma già al presente il discepolo di Cristo ha il dovere di cooperare a ogni realizzazione che la possa preparare e anticipare. Tra i riti assumono particolare importanza il battesimo , per l’introduzione nella comunità dei credenti in Cristo, e l’eucaristia , che ripete e rinnova il gesto compiuto da Gesù nella cena che precedette la sua morte. A proposito però dell’eucaristia il cristianesimo vede differenze d’interpretazioni: mentre il cattolicesimo e l’ortodossia ritengono che l’eucaristia rinnovi il sacrificio unico di Cristo e che nel pane e vino consacrato ci sia misteriosamente la presenza reale di Cristo (il suo corpo e il suo sangue), il protestantesimo  generalmente non accetta il concetto di sacrificio e interpreta in modo più debole la dottrina della trasformazione del pane e del vino. In genere tutta la dottrina sacramentaria è spiegata diversamente dai cristiani protestanti. Nel cristianesimo è divenuta presto universale la convinzione, rimasta poi indiscussa nei secoli, che l’organizzazione episcopale delle comunità cristiane rispondesse all’intenzione di Cristo. La più grande differenza fra le cristianità dell’Oriente e dell’Occidente si manifestò nel riconoscimento della funzione primaziale del vescovo di Roma (--> Papa e papato , Storia).

L'evoluzione storica e dottrinale del cristianesimo

L’età antica

La rivelazione di Gesù Cristo venne da lui affidata agli apostoli  e ai discepoli perché venisse insegnata a “tutte le creature”; ebbe tuttavia un primo periodo d’intensa predicazione, non senza lotte e contrasti, nello stesso mondo ebraico entro il quale s’era manifestato, conducendo anche a forme di compromesso, che furono ben presto respinte. La comunità ebraica però, nella sua più gran parte, escluse dal suo seno il cristianesimo e lo combatté accanitamente. In queste lotte emerge la figura del convertito sulla via di Damasco, Saulo (Paolo), che rompendo ogni esitazione e perplessità, allarga la predicazione della nuova fede  al mondo pagano, dall’Asia Minore per Atene giunge fino a Roma e con le sue Epistole ci dà le più antiche testimonianze dirette della fede cristiana. Nelle sue Epistole san Paolo, ponendo al centro della redenzione  Gesù, lo considera culmine della storia e rinnovatore del genere umano, che è perciò liberato dal formalismo della legge mosaica e avviato a quell’amore (agàpe) che tutti i fedeli nel Cristo devono reciprocamente avere nella speranza e nell’attesa del suo ritorno. Intanto i numerosi detti di Gesù, raccolti dai discepoli, trasmessi di bocca in bocca, ed esposti quindi a possibili adattamenti, venivano fissati, con una cornice narrativa delle principali vicende della sua vita, nei Vangeli  secondo Matteo, Marco e Luca (i cosiddetti Sinottici), più attenti alle vicende esteriori del Cristo, mentre quello secondo Giovanni, da tutti concordemente ritenuto il più tardo, tende a offrire piuttosto gli aspetti e le parole più spirituali del divino Maestro. Con l’Apocalisse, dello stesso Giovanni, con tre lettere sue, due di Pietro e una di Giacomo e Giuda si concludeva il gruppo degli scritti di coloro che, discepoli o strettamente legati a Gesù, ne diffusero e ne esposero la fede; uno, anzi, lo stesso Luca, autore del terzo Vangelo, raccontò negli Atti degli Apostoli  le vicende della prima comunità cristiana di Gerusalemme e il drammatico momento del suo uscir fuori dal chiuso mondo della Palestina. Queste opere perciò costituiscono il Nuovo Testamento che completa e conclude il Vecchio (--> Bibbia ), proprio come Gesù Cristo si proclamò il Messia  atteso dal popolo ebraico. Pochi dati cronologici davvero sicuri emergono da queste opere e dagli altri storici dell’epoca: la morte degli apostoli Pietro e Paolo a Roma, durante la prima grande persecuzione di Nerone (64-67), la morte di Giacomo prima della rivoluzione ebraica antiromana, duramente domata di Tito, la morte assai tardiva di Giovanni che sarebbe vissuto fino agli ultimi anni del I secolo. Sono gli anni delle prime lotte con il mondo romano, ma anche anni decisivi sia per l’organizzazione della Chiesa , sia per la sistemazione della sua fede. Presentatosi infatti come rivelazione diretta di Dio per mezzo di suo Figlio Gesù, il cristianesimo, mentre contrappone questa sua caratteristica come “scandalo per gli ebrei e stoltezza per i gentili ”, non esita d’altra parte, come nel famoso discorso di Paolo all’Areopago, a presentarsi come il momento più alto della esperienza religiosa umana (At 17, 22-32). Così mentre molte comunità cristiane vivevano nell’attesa del ritorno di Cristo, come ci mostra la Didachè (dottrina degli apostoli), altre iniziavano un intenso dialogo con il mondo culturale circostante, specialmente greco (Apologia di Giustino, Lettera a Diogneto, l’opera di Clemente d’Alessandria, quelle di Origene e di Tertulliano). Da questo dialogo, spesso vivacemente polemico, nasce al cristianesimo l’esigenza perentoria di chiarire a se stesso la propria fede, di accertarne le basi, di precisarne i termini: s’inizia così un intenso processo di approfondimento speculativo, di dibattito fra i fedeli stessi e con il mondo pagano, che ha un’importanza decisiva, tanto più degno di nota, se pensiamo che esso si svolge in gran parte in mezzo alle persecuzioni che l’Impero romano scatenò contro una religione che considerava illecita. Se già era stato difficile per il cristianesimo raggiungere identità propria nei confronti dell’ebraismo, fu ben più difficile caratterizzarsi e distinguersi di fronte alla cultura greco-romana. Fu questa l’opera, specialmente, degli apologisti, tra cui va in particolare ricordato Giustino, vissuto nel II secolo, che presentò il cristianesimo come culmine di verità, a cui il sapere puramente umano della filosofia non era potuto giungere; è questo il tasto su cui insisterono anche altri, come Atenagora e Taziano, che polemizzò vivacemente contro il paganesimo, sforzandosi di dimostrarne l’inferiorità e i limiti. Oltre che contro il paganesimo, sorse ben presto la necessità d’opporsi alle divisioni createsi all’interno del cristianesimo stesso, le cosiddette eresie , posizioni cioè diverse della fede comune della Chiesa e da questa condannate. Ne venne un intenso lavoro di meditazione filosofica e teologica, che trovò la sua più alta espressione in Oriente con i tre grandi Cappadoci, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa, e in Occidente con Ambrogio, Girolamo e Agostino, tutti per vari motivi di straordinaria importanza, avendo insieme contribuito, come mai né prima né dopo, alla precisazione della dottrina teologica della Chiesa. Durante questo lungo e combattuto processo di chiarificazione e determinazione dottrinale, il cristianesimo veniva articolando le forme di vita religiosa e precisando le sue strutture gerarchiche. Dai deserti del Sinai e della Palestina si afferma sempre più l’esigenza di ricercare nella penitenza  e contemplazione solitaria (eremitismo) o nell’obbedienza e nella preghiera  comune (cenobitismo) la via della propria salvezza e perfezione: è il fenomeno del monachesimo  che ebbe eccezionale rilievo nella vita cristiana d’Oriente e d’Occidente. L’organico sviluppo del cristianesimo, mentre continuò relativamente indisturbato in Oriente, nell’ambito dello Stato bizantino, e fu anzi reso più concorde e omogeneo per la perdita delle Chiese nestoriane e monofisite, ebbe come un brusco colpo d’arresto in Occidente per le invasioni dei popoli germanici e per le conseguenze che ne derivarono. Particolarmente grave fu l’arresto culturale, e importante perciò l’attività e l’opera di esegeta e di teologo di Gregorio Magno. L’urto con le popolazioni germaniche, se ebbe delle ripercussioni nella vita della Chiesa come realtà organizzata, non comportò sviluppi dottrinali degni di qualche rilievo: il cristianesimo dovette soprattutto preoccuparsi della trasformazione spirituale e morale dei nuovi popoli, lottando in particolare contro la sopravvivenza del paganesimo, sia romano sia germanico, che andava decadendo sempre più in superstizioni e in riti magici. Gravi ripercussioni ebbe invece, in Oriente, l’invasione araba, sia come già s’è detto, per il definitivo distacco delle Chiese nestoriana e monofisita, sia per il manifestarsi della lotta iconoclastica che diede origine anche alla prima grave crisi fra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli. Il problema del rapporto fra la Chiesa e lo Stato aveva preoccupato il cristianesimo fin dai tempi più antichi, come indica il ben noto episodio evangelico di Gesù che ai suoi discepoli dubbiosi se si dovesse pagare i tributi a Cesare, dice chiaramente “Rendete a Cesare quel ch’è di Cesare e a Dio quel ch’è di Dio”. Questo problema dei rapporti fra la Chiesa e l’Impero animò, com’è noto, le vicende della cristianità nei secoli VIII-IX.

Il Medioevo

Nell’Occidente feudale il cristianesimo era tormentato essenzialmente da problemi di natura pratica più che teoretica: se nessuno negava il rispetto più grande alla Chiesa e alle sue istituzioni, da molte parti però se ne usurpavano i beni, venivano nominati vescovi e abati indegni da sovrani e prìncipi laici, mentre il clero  minore versava in condizioni di ignoranza incredibile. Lo stesso monachesimo, spogliato nei beni, maltrattato negli uomini si trovava in crisi profondissima. Da questa situazione così gravemente compromessa maturò un lento processo di rinnovamento che per essere culminato nell’età di Gregorio VII si suole chiamare riforma gregoriana. Questo movimento si manifestò nella forma monastica di Cluny, durante il X secolo, nell’opera di vescovi come Raterio di Verona e Attone di Vercelli, e nell’attività svolta a favore della Chiesa da imperatori, come Enrico III. Nell’intensa religiosità dei secoli XI e XII vennero assumendo non poca importanza i fermenti d’eresia, confluiti poi fino a formare movimenti di grande significato storico e che spesso manifestavano l’esigenza di un ritorno alla semplicità della vita cristiana primitiva attraverso l’applicazione letterale del Vangelo. Di questa esigenza del ritorno all’Evangelo e alla povertà sono l’espressione più alta Valdo e soprattutto Francesco d’Assisi. La polemica antiereticale, che ebbe il suo esponente più insigne nel Domenicano Moneta di Cremona (vissuto tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII), si affiancò, giovandosene, alla generale ripresa della cultura, che ebbe la sua espressione più alta nell’insegnamento universitario. Per gli studi filosofici e teologici fu centro importantissimo Parigi, con la famosa facoltà di teologia  (chiamata più tardi Sorbona): senza riferirci, in particolare, a nessuno dei grandi maestri che la illustrarono, preciseremo solo che per opera delle scuole di teologia (donde il nome di Scolastica) la dottrina cristiana fu, nella sua totalità, oggetto di una attività di analisi e di approfondimento da cui uscì interamente riordinata. Nell’ambito sempre della cultura universitaria e nell’esigenza di fornire al clero e ai fedeli delle sicure norme di vita individuale e sociale si cercò, all’università di Bologna, di coordinare la massa enorme di disposizioni disciplinari, che lungo i secoli si erano venute accumulando a opera di papi e di concili , dando origine a quello che venne chiamato Diritto canonico. Quest’attività di raccolta e di coordinamento culminò nell’opera davvero grandiosa di Graziano con la sua Concordantia discordantiumcanonum, che acquistò per la Chiesa un valore analogo a quello che, proprio negli stessi anni e nella stessa università, aveva avuto il Corpus iuris civilis di Giustiniano. All’opera di Graziano si vennero aggiungendo via via le decretali dei pontefici, formando un complesso d’imponente grandiosità che ha retto la vita della Chiesa per secoli, fino all’emanazione del Codice di diritto canonico nel 1917.

La Riforma protestante

Nell’evoluzione storica del cristianesimo ebbero un’importanza fondamentale le tre grandi personalità della Riforma  protestante: Martin Lutero, Ulrico Zwigli e Giovanni Calvino. Campeggiò soprattutto la figura di Lutero, geniale e rude, raffinato e popolaresco: la sua teologia prese le mosse dalla posizione agostiniana relativa alla grazia . Dopo il peccato originale, l’umanità era tutta dannata: tale sarebbe rimasta per sempre, malgrado ogni buona volontà e ogni azione buona, se non fosse intervenuta la misericordia di Dio , mandando sulla terra il suo Figliuolo, Gesù Cristo, a salvarci. La nostra salvezza perciò, egli sottolinea, dipende soltanto dalla fede in Gesù Cristo e nei suoi meriti, e non già dalle opere. Da questa fondamentale premessa dipende l’eliminazione di cinque sacramenti (conservando solo il battesimo e l’eucaristia) e un profondo rimaneggiamento di tutta la tradizione teologica precedente, che viene riesaminata al vaglio della sola Scrittura. A tal fine Lutero curò, a uso dei suoi seguaci, una traduzione della Bibbia dai testi originali in tedesco, con un così squisito senso della lingua, da realizzare un vero capolavoro. Infine, vero nemico della fede cristiana era, per lui, il papato, al quale non risparmiò le ingiurie più grossolane. Accanto a lui è meno vivace e penetrante la dottrina di Huldreich Zwingli, che da Zurigo intorno al 1520 venne predicando una concezione profondamente e totalmente spirituale del cristianesimo, che finiva con il dover rinunciare al suo complesso dottrinale e liturgico che, almeno in parte, Lutero aveva voluto conservare. Più silenzioso, intimo e severo ma, se necessario, non meno deciso e duro, fu Giovanni Calvino. Anch’egli, come già Lutero, considera fondamentale e centrale ai fini della sua dottrina il problema della grazia, che ritiene di riprendere in stretta aderenza alle teorie agostiniane della grazia e della predestinazione. Se il luteranesimo rimase un fatto legato al mondo tedesco e diffuso nell’ambito del mondo germanico, come i Paesi scandinavi, il calvinismo, grazie anche all’opera infaticabile di propaganda compiuta da Calvino stesso e dai suoi pastori, ebbe una ben più vasta e varia diffusione: passò in Francia (Calvino scriveva e parlava francese) ove i suoi seguaci presero il nome di ugonotti, raggiunse la Scozia, dove fu splendidamente organizzato da John Knox che ne accentuò fino all’esasperazione il carattere rigoristico, combattendo il cattolicesimo tacciato di papismo e la monarchia.

La Riforma cattolica

Di fronte a un attacco così massiccio e totale, che coinvolgeva, nei suoi aspetti più radicali, il diritto stesso a esistere del cristianesimo, la Chiesa cattolica, rimasta libera da questi movimenti, rispose con uno sforzo decisivo di rinnovamento e di riesame di se stessa e del proprio complesso dottrinale. Si giunse così, non senza perplessità e incertezze, al Concilio di Trento (dal dicembre 1545 al dicembre 1563), che se non realizzò quella che era stata la sua più grande speranza – la riunione con i protestanti – non mancò al proposito di rinnovare e migliorare la vita della Chiesa. Le conseguenze del Concilio Tridentino (i nuovi Ordini religiosi, fra cui importantissima la Compagnia di Gesù, s’impegnarono in tutta Europa ad attuarne le decisioni) furono di straordinaria importanza: la diffusione della Riforma fu di fatto arrestata in molte parti d’Europa, in qualche altra fu possibile persino un recupero. Impenetrabile rimase l’Inghilterra, in cui lo scisma , voluto da Enrico VIII per non aver ottenuto l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona, e accettato dalla popolazione, in buona parte ostile a Roma, si rivelò del tutto irrecuperabile (--> Anglicana, comunione ). L’applicazione delle decisioni del Concilio richiese uno sforzo enorme di energie per superare l’ostilità dei vari governi, la resistenza passiva dei retrogradi, l’arretratezza culturale e spirituale del clero e dei fedeli (--> Controriforma ).

L’Illuminismo e la Rivoluzione francese

Il cristianesimo ricevette un ulteriore grave attacco, in tutte le sue Chiese, dal razionalismo illuministico che con i primi decenni del XVIII secolo venne affermandosi in tutta l’Europa. Ne fu l’espressione più mordente e vivace e insieme sprezzante il Voltaire che il cristianesimo, come fatto storico, criticò nel suo Essai sur les môurs..., come realtà religiosa, colpì nel suo Dictionnaire philosophique con un esplicito rifiuto del soprannaturale, come alleato dell’assolutismo più retrivo, bollò nel suo Traité sur la tolerance. Ma in Inghilterra si parlava e si scriveva di un cristianesimo senza miracoli o di un cristianesimo ragionevole, mentre non si esitava a considerarlo e a discuterlo sullo stesso piano di tutte le altre religioni. È una polemica che realizzò anche risultati pratici, quando riuscì a ottenere dal papa Clemente XIV la soppressione dei Gesuiti, piegato a questa decisione dai governi desiderosi di eliminare dai propri Stati quelli che venivano considerati i potenti e ricchi emissari della curia romana. Dalla critica del Giansenismo e dell’Illuminismo nasceva anche l’esigenza di limitare il potere della curia nei vari Stati: di questo atteggiamento fu teorico il cosiddetto Febronio (Johann von Hontheim), mentre il più coerente realizzatore fu Giuseppe II d’Austria e, in Italia, suo fratello Pietro Leopoldo, granduca di Toscana, con il suo collaboratore Scipione de’ Ricci. Questi contrasti vennero accantonati dalla Rivoluzione francese e dalle sue vicende, che portarono, in uno dei suoi momenti più drammatici, alla sostituzione del cristianesimo con il culto della dea Ragione. Rimanevano aperte così una serie di questioni, tutte di gravità estrema e tutte riconducibili all’unico problema del rapporto del cristianesimo con il mondo.

Dall’Ottocento alla Seconda guerra mondiale

Su questo punto s’era venuta creando una divergenza profonda fra le diverse Chiese cristiane. Mentre quella ortodossa  nelle varie regioni era rimasta, in realtà, estranea alle istanze della cultura moderna, pur conoscendo una vita spirituale spesso intensa, il protestantesimo , sia sul piano della scienza sia su quello della critica storica, aveva accettato senza riserve i risultati di entrambe: anzi, con la scuola di Tubinga, di forte dipendenza hegeliana, e con il protestantesimo liberale, s’era messo alla testa dello studio del cristianesimo, come realtà da esaminare con gli stessi metodi di qualsiasi altro fatto storico. Il cristianesimo, in molti dei suoi rappresentanti ufficiali, aveva mostrato un atteggiamento di diffidenza nella preoccupazione di veder messi in dubbio, o addirittura negati, alcuni punti essenziali della sua fede, come la creazione divina dell’uomo, che sembrava contestata dal darwinismo, la veridicità della Bibbia come fonte storica e la sua divina ispirazione, che si riteneva in pericolo per i progressi della ricerca archeologica e filologica, e infine l’autorità stessa della gerarchia e della Chiesa, attaccata dagli uomini politici allora più autorevoli. Una posizione d’apertura sembrò segnare il pontificato di Leone XIII, fine e colto, il quale mentre aveva con l’enciclicaAeterni Patris (4-8-1879) aveva indicato l’opportunità di ritornare allo studio della filosofia di san Tommaso, considerata come la migliore base per la teologia e l’apologetica, rompendo poi una tradizione d’incertezza e di perplessità, prendeva posizione sul problema sociale con l’altra enciclica Rerum Novarum (15-5-1891), nella quale indicava nel cristianesimo la possibile base d’intesa fra capitale e lavoro, fra padroni e operai, in un rapporto di giusto equilibrio fra gli interessi, solo in apparenza contrastanti. Né fu meno importante l’altra enciclica Providentissimus Deus, in cui auspicò un approfondimento e un miglioramento degli studi biblici. A questi impulsi rispose un vero fiorire d’iniziative, che sembravano favorite dallo stesso pontefice e che cercarono di diffondere e fare apprezzare quanto di più impegnativo la cultura moderna aveva prodotto. Si manifestarono però, ben presto, in questo stato d’animo addirittura euforico, una serie di difficoltà: da ogni parte si levarono proteste via via che venivano eliminati santi inesistenti, reliquie false o leggendarie, tradizioni anche memorabili o grandiose, ma storicamente inaccettabili. Non mancarono nella critica biblica o nella storia del cristianesimo posizioni radicali ed estremiste di laici appassionati di questi studi o anche di ecclesiastici; riviste (alcune ottimamente redatte) fecero conoscere studi e risultati scientifici e storici d’ogni genere. Da ogni parte inoltre si levavano richieste di uno svecchiamento della Chiesa, della sua gerarchia, delle sue dottrine. A questo insieme assai vario e multiforme venne dato, sinteticamente, il nome di Modernismo quando con una sola parola si volle caratterizzarlo. Il Modernismo, che nelle sue punte più estreme non esitava a eliminare ogni aspetto soprannaturale, venne tuttavia duramente colpito. Papa Pio X, con l’enciclica Pascendi dominici gregis dell’8-9-1907, tentando di comporre in un’unica esposizione sistematica il complesso multiforme e molteplice delle idee modernistiche, lo condannava in blocco come premessa all’ateismo e all’abolizione d’ogni religione. La lotta al Modernismo, che molti fece uscire dalla Chiesa, altri ridusse al silenzio, venne, se non interrotta, certo lenita dalla Prima guerra mondiale, in cui il cristianesimo, negli uomini e negli organismi migliori, si sforzò di realizzare ogni opera di carità verso i sofferenti e gli afflitti. Dopo la guerra, il cristianesimo cattolico continuò la sua opera di riordinamento interno; via via accostandosi alla realtà della vita politica contemporanea, ispirata agli ideali di libertà e di democrazia.

Dal movimento ecumenico alla secolarizzazione: il XX e il XXI secolo

Nel cristianesimo protestante, durante il periodo fra le due guerre, venne maturando lentamente un’intesa fra i diversi gruppi che nel secondo dopoguerra dette luogo a numerosissimi incontri, dai quali risultò l’opportunità di contatti continui e di prese comuni. È questo il movimento ecumenico , che, dopo una serie di conferenze mondiali a Stoccolma (1925), Losanna (1927), Oxford ed Edimburgo (1937), riuscì nel 1948, con la conferenza di Amsterdam, a costituire un Consiglio ecumenico. In questo vasto fenomeno ha avuto particolare rilievo il movimento per la fede e la costituzione che, nel superamento di astiose polemiche e in un rinnovato sentimento di carità fraterna, vedeva le inevitabili premesse d’ogni possibile, seppure difficile unione. Dal movimento ecumenico si tenne a lungo da parte il cristianesimo cattolico. Un profondo fermento rinnovatore è venuto al cristianesimo dal Concilio Vaticano  II, voluto dalla penetrante intuizione e dalla viva fiducia di papa Giovanni XXIII circa la possibilità di riprendere l’iniziativa spirituale e morale nella società umana. Il Concilio, che riunì, oltre alle gerarchie cattoliche, anche forti intelligenze e spiriti austeri, invitati come “esperti”, e poi “osservatori” protestanti e ortodossi, è stato un attento e ampio esame dei problemi che alla Chiesa cattolica e al cristianesimo vengono dalle profonde trasformazioni causate dai contrasti ideologici (sia con l’ateismo laicista sia con l’ateismo marxista), dalle gravi differenze economiche fra gli Stati, dai contrasti fra le civiltà occidentali e il sud del mondo. Contemporaneamente è stato affrontato il problema del rapporto fra l’autorità centrale del pontefice e della curia e quella dei vescovi, fra i chierici e i laici nella vita ecclesiastica, fra l’impostazione tradizionale delle questioni teologiche e le esigenze delle scienze storiche e naturali; ha avuto notevole importanza anche il problema dei rapporti fra il cristianesimo cattolico e gli altri gruppi cristiani. La fase di attuazione del Concilio si è rivelata però molto difficile e anche il cammino ecumenico delle comunità cristiane è potuto proseguire molto lentamente, registrando numerose battute d’arresto. Nel frattempo, si è andati incontro a un rapido processo di “secolarizzazione ” del mondo occidentale, un progressivo allontanamento da una visione religiosa della società, cui ha fatto riscontro invece una forte crescita di sensibilità nei Paesi del Terzo Mondo, dove il cristianesimo si è inserito su una profonda radice religiosa. Attaccate da una parte dalla crescita dell’indifferenza e dalla crisi delle vocazioni  e dall’altra dal diffondersi delle sette , le Chiese cristiane hanno cercato negli ultimi decenni del XX secolo di ritornare alla purezza del messaggio evangelico, lasciando anche spazio a forme di radicalismo e d’integralismo. La situazione del cristianesimo oggi è definibile anche in termini geografici e numerici. In Europa il cristianesimo è di gran lunga la religione prevalente; vi sono ben rappresentati sia il cattolicesimo romano, sia il cristianesimo ortodosso, sia il protestantesimo. In Asia il cristianesimo è nettamente minoritario. In Africa è minoritario, anche se in alcuni Stati raggiunge buone percentuali. In America è religione maggioritaria: nel centro e nel sud predomina il cattolicesimo, nel nord le varie confessioni protestanti prevalgono (pur raggiungendo il cattolicesimo la maggioranza relativa). In Oceania il cristianesimo è predominante in Australia. Queste descrizioni si riferiscono a un cristianesimo d’anagrafe, essendo impossibile un giudizio sull’autenticità del cristianesimo, specialmente nelle terre che conservano più vivi ricordi di culture non cristiane. Anche una descrizione numerica del cristianesimo è estremamente difficile, per la precarietà delle cifre provenienti da parecchi Paesi (europei e non) e per l’assenza di criteri omogenei di calcolo fra le varie religioni. Orientativamente si può indicare l’ammontare dei cristiani, nel 2010, in 2 miliardi e 280 milioni, di cui cattolici oltre un miliardo e mezzo, protestanti circa 420 milioni, ortodossi 270 milioni.